giovedì 20 aprile 2017



Non solo sogni
Di : Nicolò Alberti

Il crepaccio era ai suoi piedi. L'albero che lo copriva dalle luci delle torce proiettava strane ombre e l'intrepido gatto saltò. Ero in fondo al crepaccio a raccogliere alcune erbe quando con uno strano miagolio un gatto atterrò sull'albero accanto a me. Per un momento ci guardammo io con i miei occhi scuri e lui con il suo sguardo inquietante, totalmente bianco, eccetto per la minuscola pupilla verticale che guizzava da me al falcetto nella mia mano.
Appena mi resi conto della sua paura nascosi il falcetto nel cesto delle erbe e mi avvicinai lentamente. Lui continuò ad osservarmi per un po’ poi come se fosse la cosa più naturale del mondo saltò giù dall'albero con un solo balzo e avvicinatosi a me spinse la sua testa contro la mia mano protesa. Tornai a casa con il gatto che tranquillo mi trotterellava dietro. Non feci in tempo ad aprire la porta di casa che lui si era appollaiato davanti alla finestra come una sentinella pronta a dare l’allarme. Fu proprio quando mi diede la schiena che notai la strana macchia: era appena dietro l’orecchio destro e si protendeva fino alla zampa. Ma quello che mi stupì non fu la forma della macchia bensì il colore: rosso… Rosso sangue. “È un segno parecchio evidente” pensai “Chiunque lo stia cercando saprà di questa macchia”. Incuriosito mi misi alla scrivania per cercare qualche informazione su questo gatto. Digitai: ‘gatto macchiato di sangue’ appena cliccai il tasto invio si aprirono tantissime pagine una più inutile dell’altra. Qualche ora dopo mi risvegliai… Mi ero addormentato alla scrivania… Di nuovo. Però solo allora mi resi conto della pagina che mi ritrovavo davanti: “Gatto albino macchiato di sangue. È il quarto omicidio in cui compare la nuova leggenda della valle?” recitava l’articolo. Stupito mi girai e come presupponevo il gatto non c’era più. Mi affacciai alla finestra e lo vidi: nella nebbia si allontanava una pallida figura… Con una strana macchia di sangue sulla schiena. “Leggenda e?” mormorai. MI buttai la giacca addosso ed usci, dovevo trovarlo.
Mi avviai a passo sicuro dietro il gatto seguendolo per diversi minuti poi mi arrestai di scatto.
Il gatto era entrato nella foresta. Non in una comune foresta ma dentro la foresta… quella sulla quale circolavano orribili storie quella foresta dove nessuno si avventurava mai. Inizia i  a pensare : stupide e vecchie superstizioni o il istero del gatto?
Quale seguire?
Tentennai un attimo poi mi avviai a passo deciso dentro l’oscura foresta.
On so per quanto tempo camminai, ma dopo un po’ non so neanche io come, mi ritrovai rinchiuso dentro una stretta gabbia di foglie e rami. Davanti a me comparve una figura: il corpo era completamente coperto da un lungo mantello bianco, i lunghi capelli scuri le ricadevano morbidi sulle spalle e i freddi occhi azzurri mi fissavano “solo un ottuso come te poteva ignorare le leggende” mi disse
“lo prendo come un complimento April”.
Lei mi guardò con uno sguardo accusatorio e si allontanò. Già…  Conoscevo la mia carceriera. Una volta eravamo amici ma comunque l’ultima volta che ci eravamo visti non era in grado di rinchiudermi dentro una cella di foglie e rami almeno credo... passai tutta la giornata in quella cella, cercando di uscirne ma senza nessun successo.
Verso sera, o almeno quando la luce diminuì, April ritornò e dopo avermi osservato con il consueto sguardo che stava a significare” non dovresti essere qui, sei solo una persona orribile” mi liberò e con un cenno mi disse di seguirla.
Camminammo per qualche tempo lungo il margine della foresta finché davanti a me non si presentò il paesaggio più bello che avevo mai visto: davanti ai miei occhi si estendeva una gigantesca pianura costellata di meravigliosi prati, colline erbose e rocciose e lunghi fiumi che si raccoglievano in laghi meravigliosi dai riflessi cristallini. Ma la cosa più stupefacente di questo paesaggio erano le creature che lo abitavano: dal punto elevato dove ero potevo scorgere fauni, centauri, grifoni e molti altri. Poi, quando alzai gli occhi al cielo li vidi: due draghi volteggiavano tranquilli con le grosse ali da pipistrello che si muovevano pigre.
Sarei stato lì per ore ad osservare quel meraviglioso posto, ma la ragazza distolse la mia attenzione: “benvenuto nel paradiso dei sogni” mormorò.
“qui qualunque cosa tu desideri può avverarsi.” Detto questo prese la rincorsa e saltò oltre il bordo del baratro.
Mi sporsi verso la valle e la osservai stupefatto planare con un paio di aggraziate ali angeliche. Pensai un attimo poi appena sentii di essere pronto saltai anche io ed in un batter d’occhio mi ritrovai a valle dopo aver planato per attraversare un enorme fiume, come se niente fosse atterrai davanti allo sguardo stupefatto di April e feci sparire le ali con uno svolazzo.
Appena posai i piedi a terra, lei dissimulò lo stupore scuotendo la testa e continuò a camminare verso uno strano bagliore all’orizzonte. Mi sentivo un bambino, correvo qua e là osservando lo strano ambiente in cui mi trovavo cercando di imprimermi nella memoria più dettagli possibili mentre cercavo di non perdere la figura ammantata di bianco che mi precedeva.
Camminammo per qualche tempo ed attorno al bagliore cominciavano a delinearsi strane figure, finché non entrammo in un accampamento illuminato da un enorme falò alimentato da grossi ciocchi di una strana legna blu.
Lei continuò a camminare poi si fermò davanti ad una tenda circolare. Prima di entrare si girò e disse “aspetta qui” si girò ed entrò.
Per i primi due minuti cercai di seguire il suo ordine ma appena vidi che le persone che passavano mettevano con tranquillità la mano sul fuoco iniziai a camminare incuriosito.
Ripresi a guardarmi intorno osservando le tende dalle varie forme che mi circondavano e lentamente mi avvicinai al fuoco. Fu a quel punto che notai il suo strano colore; la fiamma infatti brillava di uno strano colore blu esattamente come i vostri ciocchi della legna dalla quale parta.
Ad un tratto con uno svolazzo di tenda April uscì inseguita da un uomo alto, lui ad un tratto accelerò e afferrò la ragazza per i fianchi avvicinandola a lui. Fece per baciarla ma l’unica cosa ch guadagnò fu un sonoro schiaffo che lo fece allontanare con uno sguardo stupito; lei si girò come se nulla fosse e con un cenno mi disse di seguirla, la seguii per qualche minuto fin quanto lei si infilò nell’unico edificio di mattoni dell’accampamento, attesi fuori finché la voce di April non mi invitò ad entrare.
L’interno era grezzo e spartano, una branda di paglia e un piccolo armadio in legno erano l’unico arredamento dell’ambiente.
La ragazza era seduta a gambe incrociate sulla branda, la testa sorretta dalle mani.
Non sapevo cosa fare e rimasi lì fermo, finché lei non si ……e alzandosi con un balzo uscì dall’edificio senza dire una parola.
” Di questo passo visiterò tutto l’accampamento” pensai, poi rassegnato la seguii. Girovagammo per ore finché la figura bianca non si infilò in un piccolo boschetto dove si sedette su un albero osservando il cielo. La imitai e rimanemmo per ore a guardare il cielo di quel meraviglioso posto abitato da figure alate e fantastiche.
Dopo un po’ mi chiese con un filo di voce: “perché sei entrato nella foresta?”
“un gatto” mormorai “seguivo un gatto” alla mia risposta seguii un lungo silenzio e lentamente le ombre iniziarono ad allungarsi.
In poco tempo il cielo iniziò ad oscurarsi e poco dopo mi ritrovai a contare le stelle finché la voce della ragazza tornò a rompere il silenzio” era da tanto tempo che non ti vedevo, mi sei mancato” non gli risposi ma allungai la mano e strinsi la sua.
Era parecchio tempo che eravamo lì, le mie palpebre iniziavano a farsi pesanti e April dormiva già da un pezzo.
Stavo per addormentarmi quando un fruscio di qualcosa di grosso che rompeva qualsiasi cosa sul suo cammino in un attimo le fronde si spostarono e…non posso dire di averlo visto ma era come una massa scura che attirava la luce distruggendola. A questa visione demoniaca si aggiungevano due occhi di brace che ardevano come un falò.
Prima di rendermene conto nella mia mano scintillava una spada candida che riluceva di luce propria. Alla vista dell’arma la creatura semplicemente si dissolse in un sbuffo di fumo e in un attimo fu come se, uin un qualche modo il buio della notte si schiarisse.
Pensieroso rimasi qualche secondo fermo come in una posizione difensiva e la mia spada si dissolse in un lampo.
Mi sedetti sul tronco e stremato mi addormentai come svuotato da tutte le mie energie.
Mi risvegliai scaldato dal torpore dei raggi del sole e lentamente dischiusi gli occhi ritrovandomi avvolto in un morbido abbraccio.
Sorrisi vedendo il viso di April s pochi centimetri dal mio e lentamente mi liberai dal suo abbraccio alzandomi.
Mi guardai intorno ancora assonnato e il mio sguardo si soffermò su di un cerchio di erba annerita, lì dove l’essere era scomparso la sera prima.
Ignorai la macchia e inizia a raccogliere legna per accendere un fuoco fu allora che mi resi conto che era un giorno che non toccavo cibo.
Spinto dalla fame inizia a raccogliere bacche e frutti limitandomi a quelle che conoscevo visto che non avevo nessuna intenzione di avvelenarmi già di primo mattino.
Tornai alla radura e dopo essermi seduto iniziai lentamente a sgranocchiare uno strano frutto che poteva assomigliare ad una mela, e aspettai accompagnato dal respiro regolare della ragazza.
Iniziai ad osservare meglio il suo viso imprimendomi nella mente tutti quei particolari che da così tanto tempo non vedevo e che mi erano mancati così tanto.
Dopo qualche minuto le sue labbra si mossero e disse “non è carino fissare le persone”
Arrossi e in tutta risposta dissi”  ..e non è carino fingere di dormire”.
Lei si alzò con un balzo accigliata e afferrato un paio di mele iniziò a mangiarle mentre osservava la zolla di terra annerita. “vedo che hai conosciuto gli incubi” continuò ad osservare la zolla poi passando alla seconda mela tornò verso di me passeggiando.” stanotte ho pensato al gatto, ma non mi viene in mente cosa possa rappresentare” si fermò sovrappensiero e io dissi ridacchiando: “pensare vuole dire abbracciarmi tutta la notte?”  lei continuò senza rispondere “ora direi di tornare all’accampamento così ti spiego ciò che devi sapere.” La osservai accigliato mentre si allontanava con la sua aria altezzosa e lo sguardo fiero. Mi incamminai rendendomi conto di quanto mi era mancata quella ragazza. Arrivati all’accampamento entrammo di nuovo in una delle costruzioni di mattoni e iniziammo a parlare “Gli incubi… da dove potrei iniziare...” iniziò “ be li potrei definire in poche parole ma cercherò di spiegarti tutto. Questo posto e tutte le creature che lo abitano sono sogni gli unici che possono uscire da qui siamo io e te, tempo fa sono iniziati a comparire tutti gli incubi delle persone: paure, sentimenti tutto si riversava nei sogni trasformandoli in incubi e portandoli qui dove dovrebbero stare i sogni. Ecco tutto, è più semplice di quel che sembra in effetti…” io pensai a quei due giorni così intensi che avevano cambiato così rapidamente i miei pensieri e giunsi a una conclusione. Gli incubi come le paure, i timori, i sentimenti negativi non erano altro che normali sentimenti rovinati, cambiati, ma pur sempre sentimenti. Guardai negli occhi di ghiaccio di April e mi resi conto in quel momento che la soluzione era più vicina del previsto, più semplice di quel che mi aspettassi perché in quel momento bastava solo scavare e trovare la parte migliore delle nostre paure e renderci conto che senza paura non c’è coraggio, che senza tristezza non c’è felicità e che in fondo basta solo provarci allora mi avvicinai alla ragazza e le sfiorai il viso con la mano. Mi ricordo solo quel momento poi più nulla, un vuoto totale, semplicemente mi risvegliai a casa mia sul letto confuso più che mai. Feci per alzarmi ma un peso mi bloccava; provai a liberarmene ma una ciocca di capelli neri mi sfiorò il braccio; feci per parlare sorridendo ma un paio di morbide labbra mi zittirono baciandomi. Non so cosa sia effettivamente successo, ma di una cosa sono sicuro a volte ai sogni basta crederci. E in quel momento un brivido mi costrinse a girarmi, mi guardai intorno e lo vidi nella nebbia in lontananza una figura si allontanava pallida, completamente bianca eccetto per una strana macchia rossa appena dietro l’orecchio destro.    

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