giovedì 30 marzo 2017



23/02/2017
ARIA FRITTA
 di Chiara Raineri
Torneranno i dolci momenti di vuoto?
Le magiche barche su fiumi di sabbia,
i sordi che parlavano la lingua del cuore?
L’ultima immagine di un sogno precedente:
fuoco e nulla.
Mani congelate,
respiro strozzato,
la chiamano vita?
Svegliandomi nel cuore della notte
ricordai che mi dissero
di essere speciale come tutti,
di andarmi a comprare la mia lapide
perché i posti finivano in fretta.
Suoni gutturali e idiomi conosciuti
spiaccicano i residui della mia creatività
e li fondono come se fosse oro
mischiandoli con spumante e false promesse.
Li sento sempre
ovunque
di qua, di là
a destra, a sinistra
ora uno, ora l’altro
si mischiano e sovrappongono
e mi soffocano con fiati malsani;
rovi, rovi che si intrecciano
e si divorano a vicenda.
Vuoti. Disperati;
lontano da me!
Basta.
Lasciatemi dormire.
Cos’è il sonno senza l’abbandono della morte?
E la vita senza i vivi?
Una menzogna.
Basta.
Il mio cuore è colmo di menzogne.
Come un cappio sempre attorno
che si stringe ad ogni sguardo.
Se fossi un capitano la mia nave sarebbe di carta.

sabato 25 marzo 2017

DONNA CON MANI DI DONNA

"Donna con mani di donna" sedeva scomoda davanti allo schermo
nero del computer...nessun colore che le ricordasse i colori
del fuori...poi le parole arrivarono finalmente ai
polpastrelli delle sue dita e si infilarono come perle di una
collana.
Parole dalla gioia trasparente del cuore.
Inizio':
"Donna dai lunghi capelli sedeva e il ritmo del suo respiro
era calmo come i suoi gesti: Estia era dentro di lei e ne era
consapevole, le lasciava spazio. Il lavoro a maglia procedeva
e...per ogni punto un pensiero...
-Un punto per un tuo pensiero...-
"Uomo dai lunghi passi" era di fronte a lei.
Alto o meglio GRANDE sembrava riempire lo spazio con la sua
presenza imponente.
"la donna...."penso' mentre si ergeva stagliandosi contro la
finestra"la donna e' un mistero insondabile... e' ricca di
profondita' e anche di disdicevoli  superficialita'...e' un
mistero affascinante....."
La donna lo guardava di sottecchi continuando il suo lavoro
intrecciando i nodi della tela cosi' come i pensieri;guardava
quell'uomo forte e silenzioso,saggio e fermo come una
montagna ma anche stupido come un bambino,a volte.
Guardava senza capire quel silenzio che era cosi' diverso
dalla sua solita loquacita' femminile,lavorava e non capiva.
L'uomo si giro' mostrandole le spalle con un sospiro che non
le sfuggi'.
"che c'e'?"stava per chiedere,o forse lo chiese,ma non venne
alcuna risposta tranne il silenzio e un lieve movimento delle
spalle.
Ogni punto un pensiero,ma quanti pensieri,troppi.
Tutti pensieri che non sfioravano quella montagna umana
immobile di fronte alla finestra.


Quel "che c'e'?" rimase sospeso tra loro, non importa se
formulato da voce umana o solo dal pensiero, ma c'era fra
loro; a volte lo sentiva incombere come un macigno sulle sue
spalle, altre volte riusciva a ritrovarne il bandolo come in
una matassa ingarbugliata.
Lei era "donna dai lunghi capelli" ma conosceva la storia di
"donna con mani di donna"...ognuna la conosce, ogni donna la
porta gia' in se.
E' pazienza forse una parte del mistero?
Guardo' con tenerezza "uomo dai lunghi passi...in fondo
sapeva gia' che non avrebbe avuto nessuna risposta, sarebbe
bastato molto meno.
Il suo sguardo accarezzo' le spalle un po' curve, i capelli
[...ci guadagno il colore del grano, penso' e sorrise...],
il corpo forte e lo sguardo perso verso fuori, chiuso a
lei e infine fece l'unico gesto possibile: materializzo' fra
le sue mani un piccolo specchio d'argento, lo invito'
finalmente a sedere e a guardare insieme a lei...

Guardo',con sospetto dapprima ,poi con un crescente piacere
lasciando che lo specchio riflettesse i pensieri della
donna,i troppi pensieri e poi i suoi silenzi,cosi' spaziosi e
forse un  po' angoscianti.
Lo specchio rifletteva ogni cosa senza aggiungere nulla,o
forse aggiungeva solo una sfumatura di calore a quello
scorrere dei pensieri troppo veloci e convulsi della donna
che si perdevano stemperandosi nei suoi silenzi.
Tutto si compenetrava in una luminosita' leggera che invadeva
lo specchio e la stanza donando una strana aura di pace a
quell'immagine di un uomo e una donna assorti ad osservare
uno specchio.


"professore....che significa questa storia?"
la ragazzina con i capelli rossi mi guarda con fare
interrogativo mentre poso il libro sulla cattedra.
"non mi e' chiara la morale"incalza il biondino del terzo
banco.
Li guardo e prima che la moretta con gli occhiali apra bocca
mi sento dire mio malgrado"mi spiace ragazzi ma non e' per

niente chiaro anche a me!"


 LA RAGAZZA DEL TRENO
di CHIARA RAINERI

Era una stazione dei treni piccola, tipicamente provinciale. Anzi, forse non si poteva neanche definire una vera e propria stazione, ma agli occhi degli abitanti del paese quello era sempre stato il più grande centro di comunicazione con il resto del mondo, perciò non aveva mai perso quell’appellativo. Vantava persino uno spazzino personale, che ogni giorno con la sua storica ramazza si dedicava al tranquillo compito di far precipitare foglie secche e cicche di sigarette giù dal marciapiede nell’unico binario ancora funzionante o, se andava bene, in un sacco nero del pattume. Era un uomo solerte, e intraprendeva quel rituale senza saltare un giorno da più di dieci anni. Anche quella mattina si recò alla stazione, puntuale come al solito mezz’ora prima del primo treno della giornata. Faceva già caldo, ma gli alti pioppi che circondavano il marciapiede fornivano una discreta protezione dagli inclementi raggi solari, anche più della tettoia semitrasparente e piena di fessure.
Lei era già lì. Niente di strano, lei era sempre lì quando i pesanti colpi di tosse dello spazzino lo precedevano infrangendo la sinfonia delle cinciallegre. Lui accostò la mano al cappello come ogni giorno e lei ricambiò con un sorriso. Era un rito che andava avanti ormai da due mesi. Non era più una ragazza giovanissima e non era nemmeno particolarmente bella, ma ogni giorno si presentava alla stazione con abiti ricercati e puliti, sedendosi sempre sulla stessa panchina e reggendo sulle ginocchia sempre la stessa scatola decorata con motivi allegri e fiocchi. Sedeva con la schiena dritta e un sorriso impaziente senza muoversi di un millimetro fino a quando le campane non battevano le dieci, allorché si alzava in piedi e si andava a piazzare un pelo dietro la linea gialla e si sporgeva ansiosa cercando di vedere se il treno arrivava, con l’espressione di chi sta aspettando una persona di ritorno da un lungo viaggio. Al paese si diceva che era pazza. In effetti il suo comportamento lo lasciava intendere abbastanza chiaramente: una volta arrivato il treno rimaneva a fissare in attesa la porta e il viavai di persone che salivano e scendevano, poi, quando le porte si chiudevano e il treno ripartiva, lei se ne andava, schiena dritta e sorriso stampato. Ma non c’era dolore nel suo sguardo, anzi c’era una qualsorta di soddisfazione, come se avesse ottenuto esattamente quello per cui era venuta. E così se ne andava, probabilmente a casa sua, e il giorno dopo eccola ancora lì sulla panchina in attesa.
Lo spazzino rimaneva spesso a guardarla e a cercare di capire quale fosse il senso delle sue azioni, ma non riusciva proprio a capacitarsene. Quel giorno, però, si sentiva particolarmente ispirato, così decise di intraprendere una conversazione con la ragazza. Finì alla svelta il suo lavoro e le si avvicinò con fare disinvolto, appoggiò la scopa a terra e mise le mani nelle tasche bucate dei calzoni.
       Buongiorno, bella mattina oggi, non le pare? Tempo magnifico.
Lei lo guardò con un sorriso e iniziò a parlare con una voce leggermente roca, con un’intonazione strana, quasi sognante:
       Buongiorno a lei. Sì, sono d’accordo, il tempo è veramente splendido e non è per niente umido.
       Già, anche se forse un po’ di pioggia farebbe bene ai raccolti.
Fece una pausa ed emise un rumoroso colpo di tosse, poi decise di andare subito al punto.
       Sa, io vengo qui a pulire il marciapiede ormai da undici anni, e mi è capitato di vedere davvero di tutto. Ultimamente ho notato che ogni giorno lei viene qui abbigliata a festa ed è come se stesse aspettando qualcuno. Mi perdoni se mi impiccio dei suoi affari, ma sarei curioso di sapere: aspetta forse qualcuno?
Lei non perse il sorriso e si mise a osservare le colline all’orizzonte, poi rispose.
       Sì, sto aspettando mio padre. È partito due giorni fa e mi ha detto che sarebbe arrivato oggi. Sono così felice di rivederlo, non sto più nella pelle! Gli ho preparato dei biscotti con la marmellata, vede? Li ho fatti io e ci ho messo la marmellata di prugne che è la sua preferita. E a casa lo aspetta un bel pranzo, sa, è tutto ieri che lo sto preparando!
Lo spazzino la guardò. Due giorni fa? Allora era proprio pazza come si diceva in giro? Voleva dire qualcosa, ma lei non lo lasciò aprir bocca, era come se stesse parlando a se stessa, velocemente e con una voce un tantino isterica, che gli mise addosso una certa inquietudine.
Sono davvero molto impaziente, non vedo l’ora che arrivi il treno! Mio padre è un avvocato, sa? Non ho mai capito esattamente in cosa consistesse il suo lavoro ma sono certa che sia molto bello! E lui lo ama così tanto! Sa, mi ha detto che questo è un viaggio di lavoro, e io ero così emozionata! Sì, perché non aveva mai fatto dei viaggi di lavoro prima, quindi deve essere proprio diventato importante! Deve sapere che mio padre è proprio un brav’uomo, onestissimo, che ha fatto un sacco di sacrifici nella sua vita e ha sempre affrontato tutte le difficoltà! Ah, che uomo dolce e affidabile che è! Sa, io sono figlia unica e per questo mi ha sempre amata moltissimo! Ah, mi ricordo quando ero piccola e mi portava sempre al mare in estate. Ci

       sedevamo sui moli a contare le navi e mi comprava il gelato. Lui è così bravo a contare, non so proprio come riesca a farlo così velocemente! Quando è andato via è partiro prestissimo al mattino e non ha avuto cuore di svegliarmi, anche se ci tenevo così tanto a salutarlo! Beh, poco male perché tra poco potrò riabbracciarlo! Non sa quanto sono emozionata!
Finalmente fece una pausa, e lo spazzino ne approfittò per parlare, nonostante il forte disagio che provava.
       Uhm, ma è proprio sicura che suo padre debba arrivare oggi? Insomma, è partito un bel po’ di tempo fa…
       Ma sì, ma sì, me l’ha detto lui esplicitamente! Eh, due giorni lontano da casa sono tanti, lo so, ma lui è forte, lo dico io! Chissà come sarà stanco quando tornerà!
       Mi scusi, posso chiederle come si chiama suo padre?
A quella domanda lei si volse e lo guardò negli occhi. Il suo sorriso si era leggermente incrinato e quel suo sguardo gli fece venire i brividi.
       Come… si chiama? Sa, non riesco proprio a ricordarmelo. Ma è davvero importante? Ah, speriamo che i biscotti non si guastino con questo caldo, ci ho messo un pomeriggio intero per farli! Di solito lui li mangia con il latte, ma non potevo portarlo qui! Ahaha, no di certo! Dovrà aspettare quando torneremo a casa, ah, mi dispiace così tanto! Ah, ma ora non posso più parlare, sta per arrivare il treno! Sente, sono scoccate le dieci, sta arrivando, sta arrivando! Oh, sono così emozionata! Buona giornata, buona giornata!
L’uomo non poté fare altro che aprire e chiudere la bocca senza essere in grado di emettere alcun suono, frastornato, inebetito. Rimase lì fermo a osservare col cuore colmo di compassione quella povera ragazza che, come ogni giorno, rimaneva ad aspettare un uomo che non poteva arrivare, e che se ne andava a casa, persa in un mondo che era solo suo e da cui non poteva fuggire, e che sarebbe tornata il giorno dopo e quello ancora successivo e ancora. Per quanto? Questo era del tutto imprevedibile. Eppure in quel viso così speranzoso, in quei lineamenti, nel colore dei suoi occhi, lui aveva riconosciuto una somiglianza, una somiglianza atroce, di un viso che era finito su tutti i giornali, di un viso che si era volutamente poggiato su quello stesso binario ed era stato devastato dallo stesso treno con cui la ragazza sperava di vederlo tornare.
Questo spazio nasce per rendere pubbliche le prodizioni artistiche degli alunni dell'Istituto Zanelli di Reggio Emilia che hanno intrapreso l'esperienza della scrittura creativa nell'anno scolastico 2016/17.
E' stato un anno di duro lavoro e di scoperte esaltanti,durante il quale i ragazzi e le ragazze si sono messi in gioco giocando con le parole e la fantasia.
I risultati sono stati notevoli, come potrete constatare leggendo i racconti e le poesie.
Il merito è tutto dei ragazzi, io mi sono limitato a spronarli e a dare qualche indicazione tecnica.
Buona lettura ,dunque,e chissà che fra non molto non ritroveremo qualcuno dei nomi di questi giovani autori sulla copertina di un libro..........
PROF MARCO VALLI


  LA MOSCA di Chiara Raineri Era molto probabilmente una mosca l’essere peloso e guardingo che stava appostato sulla finestra...