mercoledì 10 maggio 2017


                                                                                         

 IL MONDO UNIVOCO
di TORELLI ANDREA

La luce rischiarò di un color zafferano il cielo ancora coperto da un manto vermiglio di fuoco. I raggi furono rifratti da foglie disposte in maniera così fissa da apparire come un gineceo di domenica mattina. Esse , cadendo poi dall’albero penetrarono nel cadavere di un piccolo gatto che ruminava giustizia. Nell’abitacolo stanziato a destra di questa macabra scena , posto tra un’ellissi di cespugli verdeggianti vi era un altare dai toni avorio che risplendeva di un chiarore luminescente. Aveva una struttura ottagonale , sorretta da colonne in stile dorico , ricordava un po’ la pianta dei ballatoi rinascimentali. La sua estrema iperbolicità all’interno del cimitero civico di Phoenix lo faceva sembrare quasi divino , il bianco in contrasto col nero , la purezza in relazione alla morte , facevano si che richiamasse un ossimoro visivo fortissimo. Grayson Lincow era appollaiato sui suoi arti inferiori stretti in un paio di eleganti pantaloni gessati in accostamento con la giacca e la camicia , aveva un fisicità magra e slanciata , i suoi occhi chiari erano tersi da una sottile lamina lacrimogena dovuta alla vista delle lapidi del padre e della sorella , che , puntualmente , dopo qualche mese di servizio ,  veniva a riguardare. Riportavano sempre la medesima incisione , “in memoria di Christopher e Dana Lincow”. Oltre al riguardo che portava questa sua azione era grande la speranza per cui un giorno sarebbero potuti tornati , dal nulla , senza alcuna ragione consona alla realtà. Forse una trama del genere sarebbe stata scandagliata da quel genere di film che probabilmente era solita guardare la nuova amica del fratello. Egoisticamente Grayson sperava che quella ragazza , di cui momentaneamente non ricordava il nome , uscisse con suo fratello nella speranza di vedere lui , un giorno. Non aveva mai avuto quel rapporto con suo fratello , erano sempre stati una famiglia senza scossoni ne drammi , disdegnata da tutti quei canoni televisivi per cui la famiglia vinceva sempre , alla fine. In questo caso però la vittoria non fu scontata , anzi , finì in una tragedia. Ripensando a quelle scene Grayson rabbrividì , non avrebbe mai potuto raccontare a nessuno cosa realmente successe , nemmeno agli altri famigliari. Probabilmente era sbagliato suggellarle come X-Files , non tanto per il suo dovere morale , ma bensì per difendere una verità scomoda a molti. –Ero sicuro di trovarti qui- esordì una voce roca e poco amichevole  proveniente dal vialetto scosceso che si apriva a livello delle siepi , Grayson si levò in posizione eretta , rimaneggiando le sottili pieghe formatesi nell’abito gessato. –Se non starai attento , quel gatto sarà lo specchio della tua famiglia- continuò nuovamente , dall’ombra dei cipressi che circondavano a loro volte i biancospini , uscì un uomo , anch’egli ben vestito e dal portamento autorevole e sicuro , aveva un aspetto grifagno e una sottile linea di pancia arrotondava intozziva il girovita. –Il tuo non parlarmi Grayson non ti fa per niente onore , pensavo fossi un uomo tutto d’un pezzo , vista anche la tua giovane età- l’uomo si fece ancora strada verso l’altare , gli anfibi bassi costosissimi si impregnarono di un leggero sedimento portato da fili d’erba che venivano sfilacciati durante l’atto stesso del camminare , quando arrivò alla scalinata in marmo della cupola , il colore di quegli stivali era già più grigiastro , come quello di una maglia nera dopo tanti lavaggi. Il suo avanzare riguardoso faceva si che le suole si assottigliassero ad ogni passo e le sottili pieghe che si formarono a livello della punta ricordavano le scanalature nerastre del marmo che si univano in un disegno quasi simbolico. In cima , l’uomo si strinse nel suo lungo cappotto color cammello con lo scollo anni settanta , fissò incuriosito Grayson che , senza muovere un muscolo , sporse appena il capo dalla sua visuale , -Pensi forse che io non sappia nulla del PPC , William?- , quest’ultimo rise ritemprando il suono , come se non volesse trasformare quell’ambiente da sacro a profano , -Non giocare al piccolo Mulder con me , Grayson , è un ruolo che non interpreterai mai bene-. Con quelle parole William sventò tutta la sorpresa di Grayson , il quale , appresso da una folle ira che si spandeva dalle venature capillari arrossate nei suoi occhi fino ai polsi che tremavano al solo pensare a tutto quello che l’emittente sapeva , ma non voleva dire , appoggiò scompostamente il palmo ad una delle colonnine , facendo tremare l’intera architrave , -“Caina attente chi a vita ci spense” ricordatelo sempre , Grayson-.

GIORNO PRIMO , ECCO LA MIA STORIA…
Mi svegliai di soprassalto quella mattina , come in quei libri che consideravo troppo infantili per essere letti. La scena era la stessa , avevo appena avuto un incubo. Uno di quelli spaventosi , che ti pervadeva l’anima. Vidi solo una bara nella mia mente , aveva un simbolo araldico nella parte anteriore e nel mezzo , dove si dividevano i due frammenti che la costituivano vi era appoggiata una delicata coperta di pizzo bianca. Quando mi guardai allo specchio quella mattina e sentii la freschezza delle gocce che scorrevano sugli zigomi pronunciati del mio viso e mi illuminavano gli occhi verdi mi ripetei mentalmente che ero io. Non potevo essere qualcun altro , proprio come nel mio incubo. Vestitomi decisi di non raccontare nulla alla mia famiglia , sempre se avere solo una madre significa avere una famiglia. Mariol , era fissata con i sogni e teneva regolarmente un diario dove annotava tutto ciò che vedeva nel sonno , confrontando poi quelle visioni con quello che riportava il libro dei sogni. Non mancava mai un’edizione e se non facevo attenzione a stentare il discorso al minimo lei irrimediabilmente finiva su quel discorso. Quando fissai il suo grembiule rosso spento lei guardò me con ostentato interesse. –I capelli , tesoro- mi disse , arrossendo quasi , non era solita darmi consigli. Forse perché non le importava più tanto della sua immagine , sia che fossimo in casa , sia altrove. Dall’altra parte del tavolo si senti uno scricchiolio di una seggiola che si muoveva dal suo cardine , mentre mi perdevo nelle sfumature che il latte assumeva con l’aggiunta del cacao. A quel punto capii che era arrivata l’ora di andare a scuola. A dire il vero non ero mai stato come quei bambini di una tipica famiglia inglese. Invece che protestare per andarvici , avevo abbracciato un atteggiamento atarassico. Con lo zaino in spalla attraversai il vialetto pestando le foglie con gli anfibi , il rumore mi ricordava molto i film romantici , come se io potessi mai camminare in una maniera diversa da tutti i ragazzi mediamente alti e altrettanto mediamente dinoccolati. Non mi sentivo diverso da tutti gli altri. Non avevo mai deciso di innalzare i miei ideali anche se , adorando le poesie di Edna Millay , avrei dovuto ascoltarla. A volte sentivo che alcuni suoi versi non mi toccassero minimamente e mi immaginavo quella poveretta che da chissà dove mi lanciava qualche ineccepibile imprecazione. La mia scuola era a qualche miglio di distanza da casa , come se Phoenix fosse ruota per criceti , io avevo memorizzato solo qualche retrovia della mia città senza mai visitarla per intero e senza concentrarmi sull’aspetto più formale dei vari luoghi. Personalmente odiavo l’idea di ignorare tutto ciò perché era triste pensare che avrei potuto espandere le mie barriere con facilità. –Christian- chiamò una voce melensa alle mie spalle , -Non ti darò la soddisfazione di chiamarti Anastasia - risposi in maniera altrettanto teatrale , Delilah Lancesters comparve avanti a me guardandomi con il suo sguardo da cerbiatto , i suoi occhi risplendevano di un azzurro intenso , come se volesse dirmi qualcosa , affondò il suo braccio nell’incavo del mio , come se fossimo più intimi di quello che avremmo dovuto. –Secondo me devi smetterla con quei romanzi erotici e passare a qualche sano e intramontabile classico- le suggerii , lei mi guardò storta come se fossi stralunato e come se un ciclo di romanzi come quello rappresentasse un caso letterario che sarebbe durato per secoli. –Sai cosa mi piace di te Christian Lincow?- cinguettò poi Delilah, guardandomi fisso negli occhi senza sembrare negligente nel guardare avanti a se , -Illuminami- , la incalzai io , -Il fatto che tu non abbia bisogno di false speranze per ammettere la tua normalità. Cioè , voglio dire , tutti leggono classici e spesso non lo danno a vedere o se proprio devono per impegno scolastico non fanno notare a nessuno che gli son piaciuti , come se io adesso abbracciassi la filosofia di Nabokov e diventassi una specie di escort per uomini più grandi , cioè te invece non hai problemi ad ammetterlo-. –Sono solo realista , dopotutto il mondo è ciò che è grazie a grandi persone che hanno contribuito a crearlo , in modi diversi ovviamente- dissi in tutta risposta , lei sorrise con le labbra mostrandomi un paio di deliziose fossette arcuate e sventolando una ciucca di capelli biondi sul mio naso , -Vedi tesorino mio , tutte quelle persone che hanno contribuito a formare tua realisticità erano fuori dagli schemi. Non avevano limiti fisici ne immaginari , erano spiriti liberi..- , esortì poi , -Delilah, hai assunto per caso qualche sostanza allucinogena che finirà con il nuocere qualcuna delle tue funzioni cognitive?- lei si fermò battendo i tacchi sul pavimento e sventolando appena le rughe della gonna a ruota del suo vestito blu elettrico. –Se mi lasciassi finire una buona volta…per questo motivo ti sto esortando a partecipare a una festa! Questa sera!- io la fissai con gli occhi sbarrati , esattamente come lei aveva fatto con me qualche istante prima , -È un party leggero. Si terrà nella in una sala da ballo nella zona a sud della mia casa , sai quel casolare che si vede dalla finestra della mia camera?- . non avrei mai pensato di sfiorare una discoteca in vita mia , nemmeno avvicinarmici era stata un’idea che mi era frullata nella testa , ma sicuramente Delilah aveva già pensato a tutto , proprio come mi annunciò poco dopo. Non avevo mai stilato una lista di cose da non fare in quella situazione , cioè era una cosa abitudinaria per me comportarmi degnamente e come Dio comanda in ogni situazione. Presi con il proseguire ma Delilah mi cinse il braccio e mi sorrise mostrando nuovamente le fossette , -Matematica , il tuo corso della prima ora , meno male che so anche il tuo orario a memoria. Ah e a proposito non pensare che io non abbia visto che hai notato il mio vestito nuovo Kate Spade! Ci vediamo a pranzo Christian.-. Detto ciò sgambettò via verso l’aula di teatro , sapevo che si era già immedesimata nel personaggio ma certamente ignoravo quanto lei ci tenesse davvero al dettaglio del vestito. Quando entrai nell’aula di matematica i posti erano già tutti occupati , la seconda fila sembrava quasi vuota con l’arretrare degli ultimi banchi , ma a una prima occhiata non notai nessuna sedia libera. Non avevo mai sopportato quel specie di rituale scolastico , dopotutto un posto valeva l’altro , sempre se non si avevano amici , come nel mio caso. Solo Delilah era stata gentile con me dal mio arrivo pochi mesi prima. Era stata l’unica a colorare la monotonia delle mie giornate passate in giardino a leggere , come se fosse stato un sole e io una nuvola di . Già che in quella città il sole era ubiquitario , poi si aggiungeva il fatto che io fossi bianco come il latte e certamente i miei capelli chiari non aiutavano a non far pensare che avessi trascorso le mie ultime vacanze confinato in casa. Ovviamente quella esperienza nuova non fu come me la immaginai , non divenni popolare e nemmeno adocchiato , ma dopotutto , nulla di ciò che successe nella mia vita io lo immaginai. Per meglio dire ho sempre ritenuto futile e poco sensato credere nel destino delle cose , nonostante ore e ore di cartoni animati che affermavano tutto il contrario. Alla fine però anche tutto ciò che mi circondava non aveva alcun senso , ero solito farmi domande del genere ‘perché questa cosa avviene in quel modo?’ , dopotutto la scuola era stata inventata principalmente per educare la popolazione ma in tempi medievali e rinascimentali , la chiesa non si fece scrupoli  a manipolarla per mantenere le persone nell’ignoranza. In quel giorno specifico poi tutto era un asintoto per me , e per qualche motivo volevo sapere cosa il libro dei sogni avesse in serbo per me. Era una curiosità maliziosa ma allo stesso tempo trobadorica , perché in tutto ciò risiedeva qualcosa di poetico. L’interpretazione di un sogno era qualcosa di superiore alle mie aspettative come se mi turbasse da dentro e mi sentivo quasi imbarazzato e violato sapendo che qualcuno di esogeno alla mia testa sapeva quello che io in realtà provavo o desideravo. Alla fine però un mormorio sommesso mi travolse dal mondo di pensieri vaghi ed estremamente personali in cui navigavo da troppo tempo , tutti gli occhi si fermarono su di me come se dovessero raggelarmi dalle viscere del mio corpo. Probabilmente non ero la persona meglio vestita di tutti , ma oltre alla mia figura legata alla estrema mancanza di calma , nessuno mi toglieva gli occhi di dosso e personalmente preferivo vivamente rimanere nell’ombra piuttosto che esposto alla gogna pubblica. Decisi comunque di prendere tutto quello con parsimonia , come se tutti quelli che mi circondavano fossero estranei al mio mondo o al mio modo di vedere le cose. Anche se probabilmente era realmente così , scorsi un ragazzo solo e intristito nell’angolo della prima fila e oltre ad essere nerovestito sentii una famigliarità con lui. Sembrava solo e abbandonato come un cane smarrito e a dire il vero , non l’avevo mai notato prima di quel giorno. Non che facessi caso a tanto oltre ai vestiti di Delilah che mi imploravano praticamente di chiederle dove gli avesse presi. In ogni caso il posto accanto a lui era ergonomico e comodo , proprio come qualsiasi altro nella classe , ma il convincimento che quella postazione fosse stata mia per quell’ora mi faceva sentire pieno di orgoglio. Forse erano piccolezze , ma io pensavo a tutto questo continuamente. Forse era sbagliato perché in questo modo mi illudevo e mi auto contraddivo perché vista la mia attenzione per i dettagli chiunque avrebbe potuto dire che io speravo che tutto quello accadesse per una ragione , come se tutta la mia storia fosse stata già scritta da un altro. Probabilmente quel ragazzo pensava che io fossi pazzo vedendo il modo in cui evitava di incrociarmi e senza alcuna cognizione di causa io continuavo a fissarlo imperterrito. Non vidi nemmeno un pelo di barba , era molto bravo a radersi , proprio il contrario di me. Aveva un viso spigoloso e magro , con la mascella scolpita e zigomi abbastanza bassi e pronunciati. Contai dieci secondi , poi venti e poi trenta e contai anche che lui serrò la mascella per tre volte lasciando intravedere l’osso che sporgeva leggermente e arricciava la pelle verso l’esterno. Quelle tre volte però non furono regolari , cioè non avvennero ognuna a dieci secondi dall’altra ma bensì più disparate , la prima a sette secondi da quando avevo iniziato a fissarlo maniacalmente , la seconda dopo dodici secondi dalla prima interruzione e l’ultima dopo undici secondi. Secondo il libro dei sogni probabilmente quelli erano tre numeri da giocare a qualche gioco quella sera o da tenere come portafortuna. Benché io non lo ammisi mai a me stesso , quel ragazzo mi intrigava , lo vedevo come una sorta di anima affine a me , come se condividessimo lo stesso cervello ma fossimo intrappolati in corpi opposti l’uno all’atro. Era strano come sistemava gli angoli di tutti gli oggetti sul banco , erano messi in posizione a formare una barriera , come se non volesse che nessuno si avvicinasse a lui. La mia maniacale voglia di perfezionismo non voleva altro che sistemare tutti quegli oggetti su quella superficie per sistemarli nel mio personale ordine mentale che mi avrebbe permesso di esprimermi. Era come una cosa più forte di me , strinsi le dita nel delicato tessuto della camicia di lino che portavo e mi scaldai le gambe sfregando sul denim dei jeans , con quelle azioni pensavo di poter attaccare bottone , probabilmente il mio cervello reagiva in maniera sbagliata. Una parte di me voleva continuare a essere ignorata , come se stringendo una manica potessi eludere l’intero mio corpo , ma un’altra parte desiderava enormemente che quella persona mi parlasse , mi raccontasse dei suoi recessi perché sentivo nel profondo di essere affine a lui. La stessa sensazione la provavo per tutto il resto della comitiva , come se qualcosa mi spingesse a comunicare con loro , a creare un ponte verso tutti gli altri. Quella scena però cominciava a divenire patetica : la sua maglia , di un colore diverso dal nero , più tendente al grigio scuro mi incuriosì perché vedendo il logo Armani immaginai che l’avesse comprata così , ma invece l’odore pungente di cannella che sembrava emanare diceva tutt’altro. Come se avesse ottenuto quella tonalità soltanto dopo molti lavaggi. La verità era che quella innaturale voglia di conoscenza mi stava uccidendo , mi era bastato vederli perché tutto cominciasse e la cosa curiosa era che tutto quello successe nel giro di pochi secondi e in quel breve tempo ero riuscito a formulare migliaia di pensieri e quella dissertazione mi faceva divenire man mano più piccolo perché ogni mio modo di attirare la loro attenzione scemava. Era come se fossi rinchiuso in un micro universo mio personale , che man mano si stava trasformando in un inferno , probabilmente però il fuoco scaturiva dalla mia faccia imbarazzata che sentivo pulsare dal rossore. Tutto quel mondo mi fu velocemente spazzato via dal professor Hartris che stava facendo il mio nome. Pronunciò il mio cognome con disprezzo , come se il fatto che non fossi mai stato una cima in matematica pregiudicasse chi sono nella realtà. Odiavo le scuole che funzionavano in quel modo , o come le chiamavo io ‘scuole stampino’ , perché dopo tutto nessuno al suo interno può sapere cosa sarei diventato o cosa sarebbe diventato chiunque. Per questo motivo non aveva particolare senso schermare il loro atteggiamento con un discorso sulla vita e sull’impegno personale , perché , dopo tutto , annoiavano alcuni di quelle romanzine : non facevano altro che illuminare delucidazioni sbagliate su stessi. Io infatti dopo il sermone , mi sentivo giù per qualche ora , mi ripetevo continuamente che non ce l’avrei fatta in nessun modo a diventare qualcuno , come invece volevo fare. Se in più la critica proveniva da Hartris , era ancora peggio , quel suo aspetto grifagno lo rendeva simile al conte Dracula e sicuramente questa analogia non era rassicurante per alcuno. Mi umettai appena le labbra , sporgendo appena la bocca , in quel modo forse speravo di farmi intendere , forse era un mio modo di comunicare il mio totale disinteresse verso la questione , ma il professore rimase impassibile come al solito. Non sapevo nemmeno io perché mi comportavo così , probabilmente era stato il sole di Phoenix a cambiarmi in qualche modo. Mamma ad esempio sembrava più raggiante e benché non avesse ancora riconquistato piena fiducia in se stessa , aveva almeno ricominciato ad occuparsi del giardino e del piccolo orticello che aveva deciso di tenere qualche settimana fa. Quasi non mi accorsi dell’esercizio da risolvere alla lavagna : Hartris aveva un modo molto strano di insegnare a mio avviso , spiegava prima tutti gli aspetti teorici , poi si prendeva tre settimane buone per assegnare esercizi alla lavagna che ognuno avrebbe dovuto risolvere per conto proprio al posto. Personalmente ho sempre preferito quegli insegnanti più presenti , che facessero ogni tipologia di esercizio alla lavagna assegnandolo a un argomento preciso di teoria. Forse pretendevo un po’ troppo ma avevo intenzioni di laurearmi in lingue e non certo in matematica o scienze. Dopotutto non riuscivo a concepire tutta quell’esattezza e quel perfezionismo caotico. La matematica più di ogni altra cosa si avvicinava alla perfezione , ma allo stesso tempo era indefinita , come se non volesse essere capita. Invece l’ipercorrettismo e la musicalità che la lingua ha era una cosa che mi affascinava , adoravo trovare parallelismi tra autori separati da secoli e trovavo intrigante come certe idee rimanessero radicate nella coscienza popolare così a lungo. Certamente non ero il ragazzo adatto a fare certe considerazioni , ma spesso tenevo tutto per me , come se la mia mente fosse un carcere per le mie idee più recondite. C’era qualcosa in quegli sguardi , in quegli occhi vacui e ipertrofici che mi facevano sentire osservato nel profondo , come se sapessero tutto loro. Anche se non mi stavano guardando sentivo la loro presenza su me come se anche la minima cellula del loro si posasse orizzontalmente su me , assopendomi. Come era ovvio che fosse l’esercizio non mi risultò come da manuale , dopo tutto i risultati che vi erano riportati erano solo numeri , cifre messe li per compiere un lungo cammino verso la risoluzione di un problema. Tanti dicono che tutte le strade portano a Roma , ma purtroppo nelle materie scientifiche puoi imboccare qualunque strada tu voglia ma alla fine sarai sempre in rotta di collisione con lo stesso punto di arrivo. Da un certo punto vista infatti era quello il limite che non riusciva a spingermi verso di esse , io adoravo quando le strade erano molteplici e altrettanti erano i modi di assoggettare quella cosa a te stesso. Era quello il limite che non riuscivo a oltrepassare , ho sempre detestato essere uno mediocre , uno che segue i gusti altrui e certamente non avrei scelto nessun compromesso. Come se fosse una questione di chimismo tra me e quello che non sarò mai , lui voleva conoscermi , ma io non avevo alcuna intenzione di famigliarizzarci. –Quando hai due radici e fai il doppio prodotto tra l’una e l’altra , ti verrà sempre fuori un terzo radicale e di conseguenza devi aggiornare le condizioni di esistenza dell’equazione ; dopo ti risulterà- d’un tratto mi sentii piccolo come una rosa , i quel belligerante momento di non coesione mentale lui mi aveva parlato , mentre io mi disperdevo nel raffazzonante desiderio di capire anche solo per un attimo la matematica lui mi aveva dato un consiglio che si sarebbe rivelato vincente. Non risposi subito al consiglio ma comincia a pianificare qualcosa nella mia testa , come se quello fosse l’introduzione di qualcosa che sarebbe successo , non era nulla di naturale tutto ciò. Vidi le stesse bare nella mia mente , quelle con il simbolo araldico nella parte anteriore e la coperta di pizzo bianca nel centro. Non capii subito cosa fosse quella visione agghiacciante perché erano le stesse immagini che avevo visto in sogno , prima che dentro una di quelle ci finissi io. Cercai di distogliere quella terribile immagine dalla mia mente ma sicuramente non ci sarei riuscito se non mi fossi concentrato sulla sua voce così fluente e languida , senza clissettaure ne frattaglie nel linguaggio. Sembrava avere un tono fisso e poco marcato , come se non fosse molto eloquente e sicuramente assomigliava più a quella società elitaria che si trovava fuori dal mondo di qualsiasi adolescente piuttosto che al mondo reciso da quattro mura di pietra che veniva definita scuola. -Qualcuno è riuscito a finire l’esercizio?- disse poi Hartris distraendomi da tutti e soprattutto dai miei inquietanti sogni , io abbassai la testa in maniera arrabattata , come se non volessi essere guardato , lui allungò il foglio al professore che si avvinò man mano aumentato lo scalpitio delle scarpe eleganti che portava –Mi aspetto molto da te Lucien Templeton , tienilo bene a mente- riferì poi Hatris dopo aver visto il foglio di Lucien. Quindi tre cose avevo imparato in quell’ora : la matematica ha un limite che non conosce nemmeno lei stessa , il mio estremo e maniacale depauperamento affettivo che stavo avendo verso le persone era prettamente inquietante e soprattutto dovevo smettere di vedere dei film con Delilah. Infatti come primo impatto emotivo pensai che tutto quello fosse riconducibile a quelle sitcom senza alcuna cadenza culturale , ma forse ero io quello sbagliato , da piccolo mi avevano sempre invitato a giocare ma io non ho mai voluto , mi sono sempre isolato da tutti leggendo romanzi fin dall’età infantile , mi ero trasferito a Phoenix da pochi mesi e avevo solo Delilah come amica , forse un amico in più mi avrebbe certamente giovato , anche se , sapevo di dover apprezzare la mia vita per come era. Sorridevo sempre quando pensavo a quelle cose : come sarebbe andata la mia giornata , a come avrei arredato la mia camera quando sarei andato a stare in una casa per mio conto e persino quando mi ripetevo che andava tutto bene. A volte ripensavo a quando mio padre mi rimboccava le coperte e mi diceva che non c’era nulla di male nel non saper giocare a calcio o nel non desiderare nulla fuorché stare solo ; anche quelli erano momenti felici per me perché non mi sentivo confuso su nulla , come se la coltre di nebbia che aleggiava su di me in quegli ultimi anni non ci fosse dovuta essere. Mio padre era sempre stato fantastico con me , accettava ogni mio comportamento e ogni mia sconsiderata voglia. Spesso finiva per assecondarmi in tante cose come nella lettura che mi aveva sempre tenuto compagni anche nei momenti peggiori. Infatti ogni volta che gli facevo fare un investimento lui mi fissava con una faccia contorta , piegando leggermente l’angolo sinistro della bocca , per poi rendersi conto infine che erano sempre stati soldi ben spesi. Mentre sguazzavo tra quelle frattaglie di memoria la campanella mi distolse da tutte le immagini felici che oramai erano un ricordo. Non passava giorno in cui io decidessi di inabissare nei trafori della mia memoria tutti quei ricordi perché oltre ad affrontare la vita senza alcun desiderio di spiccare tra tutti , l’unica ancora che mi legava ora come ora al mondo nel quale mi trovavo era la voglia di scoprire che qualcuno era esattamente lo specchio riflesso di me.
GIORNO SECONDO
Non mi stancavo mai di sentire il rumore della campana scolastica , il suo tintinnio assordante era una dolce melodie che riempiva di speranza il barlume inabissato di sentimenti che cercavo di nascondere. Pensavo sempre di fare un bel lavoro lenendo tutto , ma probabilmente Delilah cominciava a sospettare di me e si sarebbe aspettata delle delucidazione da mio canto. Forse era per lei un gioco tutto quello , lei aveva sempre affermato che io fossi stato l’unico in tutti quegli anni a colpirla veramente , ma da un certo punto di vista , mollare tutti i propri amici per stare vicino a uno soltanto era un pensiero un po’ individualista da parte sua. Il vero pregio di Delilah però era sempre stato quello di prendere la vita con freddezza e superficialità , a lei non importava veramente di tutta quella gente però ero sicuro che lei non mi avrebbe mai lasciato , me lo aveva dimostrato tante volte anche nelle piccolezze. Prima lei non ha mai sostenuto nessuno in nulla , l’importante era sempre stata solo se stessa e nessun’altra ma con me lei era cambiata : si preoccupava delle mie puntualità alle lezioni , mi sistemava i capelli la mattina , mi manteneva lontano dalle tentazioni sbagliate come le barrette caloriche o cose del genere ma soprattutto c’era sempre stata , fin dalla genesi del mio arrivo a Phoenix. La mattina del mio arrivo mi suonò , mi portò un cesto con tre diverse tipologia di biscotti , salutò mia mamma dandole un piccolo consiglio di stile e con i suoi occhi furbi e scrutatori mi portò a guardare la città. Stretta nel suo abito stile impero vermiglio mi mostrò il quartiere , facendomi visitare tutti i parchi più famosi e su una panchina mi disse tutto quello che c’era da sapere su di lei , come il fatto che adorava la moda , il suo attore preferito era Leonardo Di Caprio e che adorava i romanzi erotici. Ricordavo inoltre che la sua marca preferita di scarpe era Marc Jacobs. Oltre a tutti i fronzoli che costituivano l’allegria di Delilah c’era anche la sua controparte molto meno sarcastica e molto più manipolatrice. il giorno dopo infatti arrivato a scuola mi venne subito incontro aspettandomi nella vicino al cancello principale della scuola  , il suo gruppo la chiamò da lontano ma lei sorrise mostrando le fossette e prendendomi a braccetto , quando passami vicino a quelle tre ragazze lei sventolò i capelli e le guardò di tralice , come se lei si sentisse elitaria rispetto a loro. Il resto della storia però non me lo feci raccontare , ma sapevo per certo che lei le mollò il giorno stesso senza fornirmi alcuna spiegazione. La sera stessa infatti bussò alla mia porta , con addosso un vestito bianco platino dalle spalline rade e un film stretto nel grembo. Quando le chiesi del perché mi avesse scelto lei non mi fornì alcuna giustificazione valida –Mi incuriosisci Christian , accontentati di questo e per quanto riguarda loro , sono storia antica- cinguettò , passandosi poi il mio braccio attorno al collo e distendendo le sue gambe sulle mie. Forse la mia maniacale voglia di controllo mi stava dicendo di fare un passo indietro con Delilah, ma dopotutto oltre a mia madre e lei era la cosa più vicina a una famiglia che avessi e non avevo  intenzione di pregiudicare tutto quello in nessun modo. –Ciao Washington- disse tirando indietro la sedia e accavallando le gambe , -Guarda che i tuoi nomignoli non sono divertenti quanto credi- risposi arrossendo appena , mi sembrava che lei desiderasse essere contrariata da me a volte , per poi formulare un soprannome ancora più ironico –Ehi Mr. A diciassette anni non sono ancora andato a una festa , non è colpa mia se sei pallido come un cencio e nello stato di Washington c’è il solo tre volte l’anno , preferisci bianco come il latte e rosso come il sangue?- sollevò leggermente l’arcata sopraccigliare per permettere a se stessa di esporre la dentatura bianca e agitandosi appena una ciocca chiara si portò una mano alla bocca commuovendosi della sua stessa ilarità. –Non esattamente- le ribattei , come a voler enfatizzare il su riso lei si portò dalla parte opposta del tavolo proprio a fianco a me e mi baciò teneramente la guancia –Allora Washington è perfetto- mi ammonì infine passando il suo delicato dito sul mio mento. Sentii lo sfrigolare della sua manicure ben curata sul leggero accenno di barba che avevo per la sbadata rasatura mattutina e lei captando quasi il mio pensiero sorrise mostrandomi quelle adorabili fossette da scoiattolo.  Non avevo mai visto o comunque provato a interpretare la vera Delilah, cioè , per meglio dire non mi ero mai preoccupato di chiedermi chi fosse realmente per me. Etimologicamente la conoscevo : Delilah Lanchester , diciassette anni , un metro e sessantacinque di pura armonia contro dieci miei centimetri di dinoccolata incapacità motoria in più. –Come è andata la lezione di teatro?- in quel momento lei mi guardò con i suoi occhi leggermente passivi per via della palpebra leggermente ribassata e nello specchio naturale che formarono vidi la foglia di insalata che pian piano si spandeva nella mia bocca. –Guarda , lasciamo stare , la signorina Sparks mi ha detto che faccio le cose troppo perniciosamente…- Delilah continuò a parlare , senza fermarsi un attimo , non avevo mai pensato che ci fosse qualcuno con più pensieri da esprimere che Lev Tolstoj , ma probabilmente quella è la metafora più icastica della vita , prendere quello che ti vien proposto con cautela , considerando che non ci possono essere limiti all’immaginabile. Quelle parole infatti , la maggior parte delle volte non erano intrise di significati profondi o speculativi , ma bensì di sentimenti che una ragazza come Delilah esprime in maniera ben diversa da chiunque. Personalmente infatti , ho sempre cercato di decriptarla , come se fosse una cassaforte piena di tesori non ancora scoperti  , perché infine Delilah era proprio quello , una fabbrica umana di pensieri socio filosofici che venivano esplicati tramite parole molto semplici e ben scandite. La maggior parte , ritenevo che parlasse semplicemente per impeto o per sfogo , ma poi mi ero reso conto di quanto in realtà cercasse qualcuno che la ascoltasse e che vedesse in lei quello che lei stessa vedeva in loro. In quel momento infatti capii che tutti i miei sospetti su Delilah e sul suo attaccamento erano infondati , lei infatti desiderava la stessa cosa che desideravo io da mesi , ma che non avevo mai avuto l’arguzia di scoprire. Lei era la persona che si affinava perfettamente a me. Quella che completava il cerchio. -..Quindi ritieniti fortunato di conoscermi Washington , perché un giorno io cambierò il mondo! Glielo ‘do io il perniciosamente!- Delilah finì poi così la sua dissertazione , senza far mancare parole scurrili scandite con una cadenza quasi esotica. In un certo senso ammiravo la sua spontaneità nel farsi notare e nell’appellarsi alla calma quando invece era richiesta. Nella sua estrema vivacità poteva anche essere una persona controllata e con dei principi , formava una specie di ossimoro vivente. Era una delle sue migliori qualità , a mio avviso , lo stupore che suscitava a livello psicologico infatti era quasi un fattore da studiare. –Christian , devo sapere l’età dei puritani entro cinque minuti!- sbottò poi dopo qualche secondo di apparente anemia , -Non hai avuto tempo di studiare ieri?- le domandai vedendo che stringeva incessantemente il mio braccio , quella forza aumentò notevolmente senza però farmi male , -Stavo pensando alla festa di sabato…cioè , dobbiamo essere abbinati almeno un po’ o sembreremo due calzini spaiati- . Il tono di Delilah era assurdamente serioso , come se quella fosse la verità effettuale dei fatti. Questa era un’altra delle tante cose che amavo di lei , la irriducibile serietà per le cose che per altri risultano frivole o superflue. Da quel cantone , infatti eravamo perfettamente simili , io tendevo a plasmare tutto secondo il mio pensiero personale e lei , in maniera più elitaria e specifica , perfezionava e affinava tutte le frivolezze che non seguivano la sua corrente di pensiero. –Devi sapere che hanno una concezione molto rigida della religione scaturita soprattutto dalle faide tra Enrico ottavo e il papa- , -Enrico ottavo era quello con tante mogli?- , in quegli istanti Delilah staccò la mano dal mio braccio sul quale rimasero i segni della presa , -Esatto- le dissi infine , -Che lenone questo che era!- accalcò continuando la conversazione , -Delilah, lenone nella tradizione di Orazio si riferisce a qualcuno che sfrutta la prostituzione – con quella apposizione le volevo far capire la profondità del concetto , legato soprattutto alla situazione socio politica del tempo , ma lei rimase impassibile e scosse la testa serrando le labbra in un’espressione leziosa , -Tesoro , ti sfido a dire che Anna Bolena fosse uno stinco di santo!- . Detto quello Delilah si allontanò ancheggiando svogliatamente e prendendo periodicamente contro al fondo dello zaino. Era stranissimo concentrarsi sulle varie aule scolastiche e sui corridoi in generali , erano un ossimoro di situazioni reali e surreali. Tutte le persone che vi stavano sedute o vi passavano semplicemente avevano l’obbligo di farlo per molti anni della propria vita e la cosa buffa è che non sembrava importare loro il distinguersi , almeno esteriormente. Erano tutte legate a un preciso carattere nel vestire e a un’ipotetica figura fenotipica a cui ispirarsi. Molti consideravano quel modo di vedere le cose come una sfrontata voglia di elevare il proprio io a qualcosa di invidiabile , ma certamente non era il mio caso : vedere tutti i miei compagni che cercavano di coprire i propri difetti estetici con vestiti più ampi , trucco più marcato o anche strani comportamenti di isolamento sociale non era un bello spettacolo. Sembrava di stare in un regime assolutistico senza alcun tiranno , come se la tirannia fosse stata volere popolare. Tutti i comportamenti adolescenziali infatti cominciavano a starmi stretti , era etimologicamente strano ritenere che una donna potesse essere bella soltanto con delle sostanze chimicamente prodotte a base di guano di vari animali in faccia o un ragazzo venisse considerato ben vestito nel portare una canottiera scollata e con l’occhiatura che arriva sino a metà costato. A pensarci bene infondo era anche strani tenersi tutto per se stessi sperando che il male non attecchisca mai troppo all’anima per poi farla esplodere in un pianto eterno. Sinceramente però era molto più semplice convivere coi propri difetti che con il proprio malessere interiore perché di quest’ultimo non ne puoi ignorare la presenza , è come un ruscello che sgorga goccia per goccia da una minuscola fenditura , man mano corrode la pietra sottostante proprio come il male ingabbia pian piano l’anima finché essa non decide di ribellarsi. Probabilmente bisognava vedere tutte quelle dinamiche da diversi punti di vista con relatività diverse dove il giusto non è quello presente in un mondo di cose sbagliate ma bensì il giusto è eluso in tutto quello che è invece errato. Per questo motivo io risultavo inadeguato e senza alcuna speranza di riformazione. Il vero pregio che si riscontrava nel mondo in cui vivevo infatti era la flessibilità , l’individuo perfetto in un mondo imperfetto è colui che sa mediare tra l’apparenza e la verità , come Delilah. Il vero problema era che lei era perfetta sia un mondo imperfetto che in uno perfetto , davanti alla sua indulgenza infatti vi erano stati anni di soprusi e frivolezze che si erano inspiegabilmente fermati al mio arrivo. Probabilmente questa sua forma di redenzione era stata data da un approdo metaforico e mi piaceva pensare che quell’approdo fossi proprio io. Il suono della campanella di fine lezione mi distolse prontamente da tutti quei pensieri distorti che continuavano ad annoverarsi nella mia mente. Guardando il vassoio della mensa mi accorsi di non aver toccato cibo , cosa che succedeva sempre più spesso mentre mi perdevo in dissertazioni , e quelle su Delilaherano quelle che demistificavano maggiormente la mia attenzioni da ciò che mi circondava , erano come un’enorme impigliata alla mia mente che mi trascinava in un mondo logistico fatto di probabilità. Spesso non mi permettano di delucidare accuratamente la realtà e benché provassi tutte le volte a distaccarmici , essere rappresentavano l’esequia della mia concentrazione. Quando misi piede nel laboratorio teatrale , dove probabilmente era appena avvenuta la capziosa litigata tra Delilah e l’insegnante , sentii una sorta di peccaminosa voglia nella testa che mi diceva di andarmene , di cercare altri corsi , il teatro no era fatto per le persone che come me cercavano di isolare la loro vita da tutto ciò che costituiva una valvola id sfogo. Non avevo nemmeno mai pensato di mettere le mie idee su carta , tantomeno di esprimerle ad alta voce. La vista di tutti gli altri che si accalcavano per accaparrarsi le prime file infatti non era un problema per me , io mi sarai sempre accontentato di un posto intermedio e del mio proporzionale e discreto andamento scolastico. Forse tutta quella fretta nascondeva anche una certa insicurezza , dovuta alla voglia di primeggiare l’uno sull’altro , e di essere notati dalla professoressa Sparks , oppure anche a un fattore di arrotondamento dei voti , dopotutto nessuno avrebbe definito ignorante un altro se usasse il proprio talento del recitare per alzare la media scolastica. Quando mi sedetti , tradizionalmente in terza fila noti quelli anteposti a me. Avevano tutti degli atteggiamenti diversi , chi faceva dondolare all’indietro la sedia cigolante , chi si mangiava le unghie dalla tensione , chi mordeva la matita nel bordo colorato e chi gesticolava velocemente con i pollici ; ma tutti avevano in comune il desiderio di troneggiare sugli altri e al contempo di far qualcosa per stessi. Dopotutto ogni corso che ognuno seguiva era finalizzato a uno scopo interiore e il mio aveva il nome di Delilah. Era stata proprio lei a stillarmi l’idea di far teatro. –Signor Lincow , sarebbe pregato di seguire la lezione , oggi parleremo della nascita del cinema , quindi le consiglio di prendere appunti e di uscire dal suo guscio , una buona volta- la signora Sparks mi richiamò facendo scattare in me un senso di vergogna che si manifestò con l’arrossamento del mio viso , -Mi faccia indovinare , Christian ha manifestato un atteggiamento pernicioso?- una voce dietro di me si spanse facendo si che tutta l’attenzione fosse fomentata sulla sorgente del suono. Delilah apparve poi nell’anticamera della sala con le braccia conserte a livello del seno che apportavano leggere pieghe al vestito blu elettrico che indossava , -Signorina Lancesters che ci fa qui? Il suo corso è finito l’ora prima- ribatté l’insegnamento con un atteggiamento stizzito e visibilmente arrabbiato , la signora Sparks aggrottò appena le sopracciglia e piegò all’infuori le labbra mostrando le rughe si espressione che si spendevano attorno alla bocca , Delilah non la degnò nemmeno della sua risosta , si fece strada verso di lei e le mise un foglio quadrangolare sulla cattedra facendo ciondolare i bracciali che portava nel braccio sinistro , -Questo è il modulo del mio trasferimento , ho deciso di continuare le mie esperienze teatrali privatamente- , -Rinunciando quindi al vantaggio economico che porta- sottolineò la donna , -Posso ancora permettermi delle lezioni private signora Sparks- Delilah mise i puntini sulle i in maniera molto maliziosa , -Le ricordo che lei non guadagna ancora nulla signorina Lancesters , sarà tutto a carico dei suoi genitori , suo padre mi sembra troppo permissivo con lei- , -Lei si attenga al suo lavoro sottopagato , per quanto riguarda il resto , lei non ha alcuna voce in capitolo- detto quello Delilah scomparve mostrando prima le sue giovanili fossette in contrasto con le rughe dell’altra donna , il ticchettio delle sue Mark Jacobs continuò a risuonare sulle scale come l’eco di una vita che si spegne. Il ticchettio assordante e monotono della campanella continuava a schiarirsi nella mia mente mentre cercavo di connetterlo con la fine vera e propria della lezione. In quegli istanti successivi continuavano a balenare nella mia mente le parole saccenti che sembravano rannuvolarsi ripensando all’immagine cristallina di Delilah. Non mi era mai sembrata  quella tipologia specifica di persone , la sua sfacciataggine e peculiarità nell’argomentarsi non erano mai sfociate nella maleducazione esposta chiaramente alla persona interessata. Forse mi sbagliavo sul suo conto e avrei dovuto usare di più l’ingegno , dopotutto i miei ragionamenti lunghi e contorti che accompagnavano ogni momento della mia giornata avevano un solo fulcro , quindi , come era possibile che questi decadessero ? Questa visione era infatti una complicazione perché Phoenix era rappresentato da Delilah, e non avrei sopportato un’esistenza repentina e assidua senza la sua presenza nella mia vita. Forse però le grandi fortezze sono sempre le prime che cadono : il Titanic , la concezioni antropocentrica dell’uomo nel rinascimento dopo le scoperte di Galileo ,  il pudore della società del ‘900 prima dell’avvento di Vladimir Vladimirovic Nabokov o il decadimento radioattivo del carbonio . “Forse anche scoprire che Scooby Doo parla soltanto perché Shaggy è un hippie fattone e si immagina tutto” avrebbe detto Delilah. Alla fine della fiera però togliere un chiodo fisso dall’asse dei ricordi sarebbe stato un bene , a volte le cose che nascono dopo una grande rottura rappresentano un elemento legante più saldo ancora. Se il mio rapporto con Delilah fosse scemato , la mia preoccupazione primaria sarebbe andata a lei : come prenderebbe questo? Nel migliore dei casi avrebbe obnubilato tutta la faccende gettandola in un meandro recondito della sua mente , nell’altro caso , invece , quello che egoisticamente preferivo considerare , Delilah avrebbe apportato un’opera di ricostruzione. Certamente il valore della mia definizione di costruzione e della sua erano fortemente opinabili , ma il mio egoistico bisogno di una famiglia voleva che per lei io rappresentassi ciò che analogamente lei rappresentasse per me : una vera e propria demistificazione dell’orrore e una deleteria perdita della cognizione mentale. Quando stavo con lei infatti mi sentivo proprio in questo modo , senza alcun limite stendibile e senza alcuna preoccupazione crescente , era la medicina socratica per certi versi , ma con un’accezione fortemente positiva su tutti i fronti. Non sopportavo pensare a me senza Delilah, rappresentavamo ormai un epiteto fisso , una di quelle coppie come Mulder e Scully , Bonnie e Clyde , Cliff e Clare o Will e Grace. Probabilmente potevo risultare monotono a me stesso , ma non avrei mai finito di sperare che un giorno Delilah si accorgesse di come ho sempre cercato di trattarla o di come l’ho sempre guardata oppure , meglio ancora , del preciso istante in cui , guardandola ancheggiare allegramente avevo avuto la conferma che lei era speculare a me , riempiva il grande vuoto che nessuno era mai riuscito a colmare e che probabilmente da parte mia , stava cominciando a nascere tutt’altro sentimento. Tuttavia , per l’ennesima volta le mie profonde deduzioni logiche che balenavano incessantemente nel mio cervello , mi distolsero dall’aspetto concreto della realtà , la signora Sparks , mi stava fissando con la bocca avvizzita da leggere pieghe d’espressione , i suoi capelli arricciati nelle punte la facevano sembrare una donna degli anni cinquanta , ma il vestito eccessivamente colorato e intriso di ricami floreali distaccava fortemente. –Prima che lei vada signor Lincow deve rispondere a qualche domanda- imbarazzato e con una chiazza rossiccia sul collo che sentivo spandersi in tutto il mio viso oramai paonazzo mi avvicinai alla professoressa , il suo sguardo era glaciale , in forte contrasto con il colore scuro dei suoi occhi , -Ricorda a Delilah che questo le costerà una sanzione comportamentale- , alzandosi la signorina Sparks mosse leggermente la cattedra verso di me , indietreggiai appena per far spazio al mobile e con un audacia feci un sospiro profondo e repentino , scaricando la maggior quantità di tensione possibile. Mi passai una mano nei capelli arruffati , cercando di sembrare il più ordinato possibile , -Mi scuso in prima persona per il suo comportamento , non l’ho mai vista comportarsi in tal modo-. Moderai la voce in modo da sembrare il più serioso possibile , nascondendo però malamente il dissenso e l’imbarazzo che provavo. Benchè sapessi di non aver la forza per prendermela con Delilah, mi fece rabbia il suo comportamento sfrontato , difatti il suo eccentrico modo di esprimersi non si era mai esternato in questo modo prima d’ora , non aveva mai inveito con un insegnante , -Sai Christian , tu sei qui da poco- . Il tono della signora Sparks assunse una profonda nota grave come se fossero parole dette da un uomo nerboruto , -Cosa intende?- le domandai in maniera sottesa cercando di fare un sorriso un po’ sornione e sorpreso. Non mi era mai giunta voce del suo grande cambiamento , cioè avevo intuito il suo distaccamento da una compagnia per iniziare a frequentarmi  ma non lo avevo mai inteso malamente e neppure Delilah aveva mai fatto cenno a una rottura così drastica con quei ragazzi. Da quel momento cominciarono ad assalirmi molti dubbi Amletici , legati soprattutto a quanto di vero ci fosse nelle parole di Delilah e a quanto di concreto potesse esserci nelle mie dissertazioni , difatti era strano pensare a lei come un elemento così importante della mia vita , era balenata nella mia esistenza solo qualche mese prima , come per un caso provvidenziale. Era una meteora che ha deturpato il mio equilibrio precedente e senza alcuna considerazione io mi sono buttato a capofitto nel baratro di una relazione. Non avevo valutato i recessi di quella persona , non avevo fatto domande sul suo strano comportamento nei confronti degli altri , non mi ero nemmeno posto questi problemi : probabilmente per la mia ricerca di affetto dovuta soprattutto alla depressione incalzante di mia madre , la lontananza di mio fratello Grayson oppure anche per via della rottura della mia famiglia dopo la morte di mio padre e di mia sorella. Questi erano tutti aspetti che tendevo a tenere per me , non mi piaceva parlare agli altri delle mie complicazioni personali , ma Delilah era riuscita a estrapolarmi tutto in qualche modo , forse era il suo fascino o forse mi ero semplicemente e stupidamente fidato di lei. La signorina Sparks mi fissò alla fine negli occhi , intuendo i miei incessanti ripensamenti su Delilah, -Non sarebbe giusto che te lo dicessi io , Christian , vai a chiederlo direttamente alla fonte-.
Quella stessa sera mi feci forza , come non mi accadeva da tanto tempo , anzi , forse , non mi ero mai imposto nel modo che avevo preventivato con una persona. Dopotutto non doveva essere semplice chiedere a una persona le ragioni di una scelta. Era sbagliato in una certa ottica , dopo tutto nessuno condivide mai pienamente la scelta di ognuno e la bellezza della somiglianza l’avevo sempre considera uno stupido espediente per arrancare verso un fine secondario. Forse dirigermi verso la casa di Delilah in quel momento era l’azione più sbagliata che avevo mai fatto , non so se mi avrebbe voluto ancora bene oppure mi avrebbe disprezzato fino alla fine dei suoi giorni. Una delle cose che lei odiava di me era proprio questa mia insana mania di considerare tutti i casi possibili senza lasciare mai nulla al caso , anche se in un universo spionistico era la cosa più intelligente da fare. “Un giorno ti candiderò come guest star in un episodio di NCIS” aveva detto scherzosamente una volta , riferendosi proprio a quello. Dopotutto però un modo molto filosofico di pensare , in questo modo si poteva ridurre al minimo l’errore umano , tuttavia il vero errore che ritenevo di star facendo era proprio quello di cercare un contatto diretto con Delilah. Avrei verso quel poco di felicità che mi restava ? o mi sarei salvaguardato da una persona che volevo a tutti costi che fosse perfetta ma così non era?
Ritenevo fosse un’argomentazione interessante , tuttavia anche se Delilah si fosse rivelata tutto l’opposto di quello che pensavo fosse non era giusto affiggerla al muro in questo modo , non tutti infatti si comportano sempre nella stessa maniera. Probabilmente era un suo modo di esprimersi che io non avevo mai considerato , un modo irruento senza dubbio , ma pur sempre qualcosa che faceva parte di lei. Quindi qualcosa che probabilmente dovevo iniziare ad amare di lei , proprio come Delilah surclassava sui miei. Stavo facendo passi abbastanza svelti per i miei standard , ci voleva poco ad arrivare a casa di Delilah dall’altra parte dell’isolato. Mentre passavo stavo ammirando le aiuole ben tenute , con i loro fiori perfettamente curvilinei , gli alberi in fiore , i vialetti di marmo bianco , quelli in ghiaia senza alcun granelli fuori posto , sembrava quasi un’ambiente fittizio , come se qualcuno avesse voluto rendere tacito qualcosa di sordido. Dietro ognuno di quei giardini , c’era sicuramente una massaia onorevole che però eludeva qualcosa di se in quel modo. Tutti lì cercavano di essere perfetti , come se la periferia di Phoenix dovesse divenire il nuovo centro città. Ricordavo come invece a Washington fosse tutto diverso , una volta , in autobus , ero seduto sul lato del finestrino , come sempre assorto tra i miei pensieri capziosi e filosoficamente privi di risposte , affianco a me si sedette una musulmana col burka , aveva un colore scuro ed era privo di qualsiasi inserto , cullava un bambino tra le sue braccia  e amorevolmente gli carezzava i radi capelli da fanciullo che aveva. Sembrava una donna come tutte le altre , portava suo figlio nel centro città per fargli visitare il maggior numero di luoghi possibili , una donna come le tutte le altre insomma. Venne il momento in cui un controllore le fece la multa e lei , con uno sguardo impaurito e sconfortato , si ritrasse in una posizione più supina , si avvicinò alla testa del bambino , toccandogli la fronte con la propria e pregando nella sua lingua di appartenenza. L’emissario pubblico le fece delle cordiali domande di corrispondenza , senza scomporsi troppo , e lei rispose che se le avesse effettivamente fatto la multa , quella sera , il marito l’avrebbe malmenata , battuta fino a crearle dolorosi lividi per lo sbaglio che aveva fatto. Era proprio questa la grande differenza tra quel quartiere della periferia di Phoenix e Washington : le aiuole erano più verdi , le casalinghe militarmente e tassativamente ben vestite e i mariti sempre a lavorare per la propria famiglia ; perché lì i veri mostri si mostravano a porte barrate. Delilah probabilmente non corrispondeva a quella tipologia di persone , anche se è difficile differenziarsi all’interno della propria specie , cioè definire una cosa in un certo modo indica che tutte le altre cose affiliate ad essa sono eguali o comunque tendono all’emularla. Probabilmente era sbagliato partire da presupposti simili , anche perché Delilah si era dimostrata anticonformista in plurime occasioni. Talvolta tendeva ad esagerare , come aveva puntualizzato proprio quel giorno , ma era ben diversa da quei manichini che impreziosivano la propria vita senza invece adornare ciò che veramente conta , loro stessi. Delilah infatti era proprio così , mostrava sempre la sua vera faccia , vile e tosta o dolce e comprensiva che fosse , senza fare sconti a  nessuno , omettendo omertà e ipocrisia da tutto ciò che la rappresentava. Era un bel modo di presentarsi il suo , talvolta risultava molto schietta mentre alte molto più fine , sicuramente era piena di sorprese e non mancava mai nel puntualizzare che dava il meglio di se durante quel periodo del mese. Speravo infatti di non esser caduto proprio in quella settimana di fuoco , ma in ogni caso ero come Ulisse che andava incontro alle colonne d’Ercole , all’ignoto. Mi sentivo proprio in quel modo : alquanto svuotato per certi versi , corroso da quelli che sono i miei interessi e le mie passioni. Non che Delilah mi pesasse , tuttavia era difficile esser portator di un fardello come quello di dover chiedere spiegazioni per un comportamento alquanto altezzoso e vizioso come quello avuto da lei. Continuando a disquisire con me stesso su capziose domande e collegamenti che spesso risultavano totalmente privi di logica , non mi accorsi di aver superato il vialetto della viletta a schiera di Delilah, tornando indietro mi inoltrai lungo il fitto roseto che costeggiava tutto il perimetro della casa , senza passare per il vialetto ghiaiato. L’erba era verde e ben curata , come se fosse un pratino inglese , non dubitavo che la sua famiglia avesse i mezzi necessari per permettersi un giardiniere , ma nemmeno che ci tenesse così tanto alla forma con cui si presenta esteriormente la casa. Ultimamente mi sentivo ipercritico e ripetitivo , analizzavo troppo quella che era la psiche delle persone , forse per cercare di dare una compiutezza alla mia o anche solo per il gusto di farlo. Questi cambiamenti di personalità infatti erano comuni nell’uomo e nella storia , potevano essere legati a un evento particolare della vita o semplicemente a qualche malattia neurodegenerativa ; tuttavia , qualunque fossero le mie giustificazioni si dirigevano inesorabilmente verso un solo centro , Delilah. Risalii pian piano il porticato in legno , ogni passo che facevo creava un leggero tremolio nella scala successiva , come un suono di percussione scordate , non sembrava l’ambiente ideale per colloquiare animatamente , ma almeno era abbastanza riparato dalla visione globale. Il colore del cielo stava iniziando ad oscurarsi , il sole di Phoenix tuttavia non lasciava certo un’arietta fresca e rincuorante , ma un’afa calda e stantia , che impregnava malamente i vestiti e donava a tutti gli abitanti lo stesso e sgradevole odore. Per un forestiero non era facile abituarsi a tutto quello , soprattutto in virtù del fatto che l’odore di pioggia era per me infinitamente più gradevole di quello lasciate da ascelle segnate di sudore e corpi ronzanti e traballanti dalla pesantezza dell’aria. La maggior parte delle volte in cui mi immedesimo troppo in quella che è l’irrealtà delle cose finisco per perdere la cognizione del tempo , lasciandomi scorrere addosso quelli che sono interi momenti della mia vita senza che vengano controllati da me medesimo. Quella era proprio una di quelle occasioni , con molta probabilità infatti ero nella medesima posizione da molti attimi e , se non fossi stato sicuro di me stesso a tal punto da capire che la mia apparente codardia era legata alla mia logorrea mentale , chiunque avrebbe supposto che lo scontro con Delilahmi spaventava. Per mia fortuna non era così , Delilah era sicuramente un personaggio e non mettevo in dubbio la difficoltà di sostenere psicologicamente un discorso serio con lei , tuttavia era anche una delle poche persone che mi erano rimaste e non avrei demorso in alcun modo pur di chiarire le varie dinamiche. Mi apprestai a suonare , con molta calma , lisciandomi la maglietta e la parte superiore dei jeans , avevo scelto un vestiario più sportivo rispetto a quello scolastico , sperando che lei apprezzasse , non passò molto tempo e vidi un’ombra apprestarsi verso la porta. Rischiarata dalle tendine di lino pizzate nei bordi vidi in controluce il viso di Delilah, perfetto e simmetrico come sempre , mi aprì mostrando uno sguardo glaciale misto tra il truce e l’indiziato , con la bocca mostrò le delicate fossette e con un gesto della mano mi invitò ad entrare. Ero stato parecchie volte in casa sua , senza però chiedermi mai come  potesse essere , mi ero sempre presentato per vedere lei , senza mai dare un occhiata particolare alla casa. A una seconda occhiata però risultai in grado di ricondurre molti particolari con fotogrammi della mia memoria : il piccolo tavolo a sinistra dell’uscio , il vaso con dentro le chiavi appoggiato su di esso , la porta scorrevole qualche metro più avanti che conducevano ad un'altra parte della casa e le scale sempre sulla sinistra che creavano un sottoscala molto alto che separava i due piani dell’abitazione. Delilah aveva i capelli leggermente bagnati , probabilmente si era lavata da poco , non l’avevo mai vista così in disordine prima d’allora , sempre che il disordine possa essere visto in uno chignon legato saldamente da due stecchi di plastica neri e in una delicata canottiera con le spalline merlettate color avorio. Ero sempre stato reticente prima d’allora all’idea di vedere Delila hper parlarle di qualcosa che mi aveva dato fastidio nel suo comportamento. Forse perché prima d’allora ero stato succube di lei , nella vana speranza di trovare un’assurda approvazione sociale , tuttavia non mi ero mai considerato in quel modo soprattutto perché arrivato a quel punto cominciavo a mostrare un particolare apprezzamento e interessamento di carattere più che confidenziale con Delilah. I  miei desideri adolescenziali infatti non erano mia stati così enfatizzati , ma non solo alla vista di Delilah, ma anche rispetto a un’attrazione di carattere emotivo. Era fantastico infatti identificare una persona come affine a te , in un modo o nell’altro era inesorabile trovarsi d’accordo con tutto ciò da lei detto , e quindi forse il fatto che io fossi andato la per parlarle a quattr’occhi di ciò che era successo in classe era un chiaro segno del mio avanzato stato di maturità. La mia diversità sembrava aver dato i suoi frutti dopotutto , anche perché vedendo una ragazza come Delilahil primo pensiero che viene non è di certo riguardo al suo carattere o riguardo ai suoi occhi. Perciò non ero sicuramente peggio di qualsiasi spasimante che lei avesse mai avuto , questo sicuramente non mi autorizzava ad offendere il suo modo di agire o di veder le cose , ma sicuramente mi assicurava una via di comunicazione in più con lei. La mia mente continuò per la sua tangente , elaborando una peripezia dietro l’altra e cercando razionalmente di allineare tanti tasselli per dare vita a un ragionamento sensato che riguardasse il trovarmi lì assieme a lei. Probabilmente non avrei nemmeno dovuto pensarci tanto , perché sapevo bene che finivo sempre col pensare troppo e agire poco , ma cambiare l’indole e il modo di agire di una persona è una delle cose più complicate al mondo. Forse cercavo inconsciamente di cambiare l’opinione di Delilah ma sapevo benissimo che il mio istinto primario era quello di parlarle per capire cosa stava succedendo e in qualche modo estorcerle qualche informazione su stessa e sul suo passato. Mi piaceva definire questa mia indagine come curiosità più che come una bramosa voglia di informazioni , ma in ogni caso apparii come Scooby Doo che cercava di risolvere un mistero partendo da una frase dettami da una professoressa. –Vieni Christian- mi esortò con un leggero sorriso , come se non si volesse mostrare troppo entusiasta di vedermi. Sapeva benissimo cosa ero venuto a fare e la sua camminata non lasciava punti di domanda , il suo atteggiamento era leggermente attonito , come se si aspettasse chissà cosa da parte mia , -Forza- mi esortò nuovamente verbalmente accomodandosi sul suo letto e indicando il posto attorno a se. Io la seguii a ruota mettendomi affianco a lei e sedendomi a braccia conserte , buttai indietro la schiena probabilmente per cercare di evitare il suo sguardo glaciale e sapiente. Con la coda dell’occhio , notai che Delilah si era accovacciata a gambe incrociate , giocando allegramente col piede picchiettando il bavero della mia maglietta , -Sei stata una furia oggi con la signorina Sparks..- incomincia , già notevolmente pentito di aver aperto bocca. Mi rigirai le nocche sugli occhi per cercare di eliminarmi da quella situazione , ma senza alcun successo , sentii il materasso che si levava appena , segno che Delilah si era alzata , io fece di conseguenza , fissando il so sguardo pienamente centrato sulla mia figura , -Sai è curioso..- disse ridendo , in cuor mio speravo proprio che fosse sarcastica , perché quella era proprio il cotesto meno indicato. –Come tu…beh , si , tu sia qui , per chiedermi spiegazioni sul mio comportamento  , cioè , voglio dire , so benissimo che hai tante domande , ma sicuramente tu non sei venuto per me Christian , ma per stesso..- ansimò appena , senza dare particolari spiegazioni al mio viso che portava un’espressione interrogativa , -Io mi aspettavo che tu venissi qui da me con un vestito , un fiore o un cioccolatino, sognavo che tu almeno ti ricordassi dell’invito che ti avevo fatto…sai avevo pianificato tutto , tu che venivi , tutto impettito e con il tuo andare goffo e adolescenziale , io in ritardo , i nostri genitori che si arrabbiavano per l’orario , tutto , ma quello che importa a te è te stesso!- a quel punto mi tornò alla mente la festa di cui avevamo parlato poche ore prima e una fitta mi trapassò la schiena , ora come ora il mio maniacale ordine mentale aveva avuto un’avaria interna , -Delilah, io..- cercai di giustificarmi inutilmente , -Non dire nulla Christian , perché non c’è ne Delilah né nessuna scusa che tenga , perché beh , concepisco che è un bisogno naturale per te sapere tutto il possibile sulle persone , ma come vedi in questo modo tendi a ferire gli altri… io Christian però voglio che tu capisca che ti accetto , accetto il tuo modo di vedere le cose e di conseguenza i tuoi comportamenti e voglio rispondere ad ogni tua domanda , perché vedi , l’unica ragione per cui mi vedi come sono adesso sei proprio tu.- . Lei rimase sul vago , girando impettita dietro e avanti per la stanza , ora tutti i miei discorsi filosofici e dimostrativi risultavano essere antinomici o perfino para logici , -Perché proprio io?- riuscii a chiederle , -Perché non tu?- mi rispose lei , -Non ribattere a una domanda con un’altra Delilah- la pregai , lei rise nuovamente , con un sorriso amaro con cui si strinse i denti , -Christian tu non ti rendi nemmeno un minimo conto di come rendi migliore me e nel medesimo tempo te stesso. Prima di conoscerti ero molto vendicativa e benchè la ragione è una virtù molto difficile da attribuire io ho sempre considerato ragionevole e giusto quello che mi faceva star bene e la mia mancanza di tatto e riguardo verso di lei mi ha fatto sentire soddisfatta di me stessa perché è proprio questo che mi spingeva a comportarmi così , il riscontro finale , il vedere la tristezza nelle persone che scaturiva dalla mia assurda arroganza. Ritenevo infatti che abbassarsi al livello degli altri non fosse negativo , anzi , il contrario , perché se nel dolore di un'altra persona io ne ricavo benessere psicologico dicevo , perché no?! E vedi Christian tu sei quello che con la costanza e con un certo atteggiamento se vuoi pacato alle volte fai perdere man mano in vizio anche al più vecchio dei lupi..-. Delilahfinì di parlare sospendendo la frase e rimando ansimante , con gli occhi golfi e lucidi e con qualche lacrima che le cadeva dagli occhi , si avvicinò poi a me pian piano che nel mentre mi reggevo sugli avambracci , mettendo le ginocchia a livello del mio bacino si piegò su di me guardandomi da una distanza estremamente ravvicinata , anche in quel momento non mi posi domande ma le asciugai una lacrima dal viso prima che cadesse sul mio , -Sai non sono mai stata abituata farmi mettere i piedi in testa , ma soffro anche troppo perché hai visto il lato che detesto che la gente noti , mi ricordo ancora quando ti incontrai la mattina del tuo trasloco mentre attraversavo il tuo viale con la macchina eri sulla veranda a sistemare un qualche libro e nel mentre aiutavi tua madre con le scatole , lì , proprio in quell’istante capii che volevo conoscerti in tutti i modi possibili in cui l’uomo può relazionarsi coi propri simili..- pronunciate quelle parole non si espresse più , cominciò solo a baciarmi , prima in bocca e poi lungo il collo , le sue labbra si stanziavano sulla mia pelle distendendosi dalle leggere pieghe che portavano quando erano invece salde a chiudere la bocca , scese sempre più giù , fino a finire nell’incavo del collo dove pian piano inizio a premere più intenesamente adattandomi alla differenza di temperatura corporea della sua bocca  , sorrise soddisfatta del suo operato e continuò passando le mano lungo il mio addome , piccolo e magro , sul quale rigò appena la pelle con il pollice e rise , mi tirò su la maglietta sfilandomela poi di dosso e gettandosi su me baciandomi ancora ripetutamente. Io ricambiai appena mollò la presa  , scesi lungo il suo collo scarno e pallido con una pelle perfetta e morbida fino a sfiorarle con le labbra l’incavo del seno , a quel punto lei si alzò levandosi la magliette e sfilando i pantaloni , io feci di conseguenza. Delilah rimase in langerie e con un movimento veloce le cinsi i fianchi , anch’essi perfettamente equilibrati con la sua figura e comincia a sfiorarle delicatamente le spalline del reggiseno di pizzo nero con l’intendo di aprire il ferretto dietro. Fatto ciò le sciolsi delicatamente anche i capelli che ricaddero ancora bagnati sia sul mio che sul suo corpo. A quel punto la strinsi a me con forza sentendola ansimare , cercai quasi di annetterla a me stesso perché fino ad allora non avevo mai desiderato una cosa così tanto e in tale modo. Mi misi sopra si lei e la vidi sprofondare con la sua lunga chioma nel cuscino di piuma d’oca , era bellissima , raggiante e sorridenti , con occhi ridenti , gaia e senza alcuna nenia continuai guardando però prima cielo , e pregando di sparire in un tetro oblio , inosservati tanto quanto il povero gentile buio tra la bellezza delle stelle.
GIORNO TERZO
Da quel momento in poi mi rimanevano ben pochi ricordi , offuscati comunque da quella che è rabbia e tristezza…
La mattina seguente ci alzammo di soprassalto sentendo la porta scardinarsi e udendo passi pesanti che si infrangevano sulle scalinate , Delilah era legata a me , scompigliata e agitata , penetrarono nella stanza degli uomini in uniforme muniti di mascherina , sembravano dei mosconi , fastidiosi e rumorosi. Non diedero alcuna spiegazione , ma l’unica cosa che ricordai di quel giorno era che ci addormentarono e ci svegliammo in un bunker , con pareti bianche , non ammobiliato , solo con un taccuino e una penna appoggiati a un fianco di un uscio sigillato. Era biblico il  lasciarci vergare una sorta di ultime lodi , simboleggiava quasi il passo “in principio era il verbo” come una sorta di ciclo che portava a compimento qualcosa , come se tutto dovesse finire come era iniziato. Di quegli ultimi attimi ricordo anche di aver visto due sagome , esattamente uguali a me e Delilah, che venivano rinchiuse in malo modo in una seconda struttura. L’unica cosa che mi tornava costantemente alla mente era la verità che mi raccontò mio fratello Grayson assieme a un certo William. Disse che io e Delilah facevamo parte di un progetto speciale , il P.P.C. , progetto protezioni cloni. L’uomo infatti ha un rapporto con la scienza diverso da quello canonicamente accettato. Il mondo si erge su molte bugie , legate soprattutto al contatto con esseri extraterrestri. Un contatto che risiede molto indietro nel tempo. Per farci capire William ci riferì che le scoperte sulla genetica umane fatte nel ‘900 erano già conosciute ai tempi di Leonardo Da Vinci da parte di associazioni segrete ancora esistenti di cui facevano parte anche lui e Grayson , proprio come mio padre. Christopher Lincow era stato quindi colui che aveva immerso la nostra famiglia in questa storia , aveva donato tutto se stesso a questa scienza segreta e aveva si era sacrificato assieme  all’intero ceppo genealogico in favore di un bene superiore per il prossimo. Io di conseguenza , proprio come Delilah, ero il risultato di un esperimento di clonazione con immessi dei geni aggiuntivi alieni. Ci hanno descritto quindi i nostri comportamenti , i sentimenti che io e Delilah provavamo l’uno per l’altra come una sorta di esperimento epigenetico , ma la cosa divertente rimaneva che alla domanda –Perché li servite?- quello che ho sempre considerato mio fratello , ma che biologicamente non è mai stato tale , non ha saputo darmi una risposta. Il motivo della nostra cattura era un futile errore di calcolo per cui durante il trasferimento dei veri noi stessi , questi ultimi scapparono portando con loro una scia di vittime , perché comunque non erano mai stati portati al di fuori della struttura in cui sono nati e non conoscevano la moralità umana. Le tracce da loro lasciate ha ricondotto a noi e semplicemente quindi la morte mia e di Delilah rappresentava  un semplice errore umano.
 Al momento della fine Christian ricordò una frase di William “loro sono con lucifero all’inferno o come Dio in paradiso , le loro insegne sono innalzate ovunque ; il problema è che se l’uomo è all’inferno , voi non so dove possiate essere” e questo era la spiegazione migliore al loro avvenire. La stanza si colorò di luci , blu , rosse e gialle , e cominciò a tremare tutta , Delilah si strinse a lui , piangendo e ripetendo con voce fioca che voleva che tutto quello fosse un sogno. Per la prima volta Christian non si fece alcuna domanda , aveva la mente sgombra , -Non temere , è più facile accettare un destino che non ti sei prefissata tu- le ricordò , -In quale stupido classico l’hai letta Christian?- si sforzò di dire lei con un tono di accettazione , lui fece di no con la testa , indicando che gli veniva dal cuore , Delilah gli sorrise poggiandogli il viso intriso di lacrime sul petto , non troppo convinta. Nel mentre la serratura della porta di aprì autonomamente e una luce bianca li accecò ,  comparve un essere grigio ,  alto e smunto che tese la mano verso di loro. 
-Sarebbe stata questa tua testardaggine a farmi innamorare di te , Christian- gli ricordò lei
-E sarebbe stato lo stesso motivo che ci avrebbe impedito di stare insieme- mormorò lui
-Ho bisogno di averti con me Christian , nella speranza di un mondo migliore-

-Questo è quello che mi spaventa Delilah, ma io voglio crederci-.

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